Piazza Solferino. La città che vive è qui e allora non c’è da stupirsi se nel giro di una manciata di passi, hai, come in vetrina, una promenade di ristoranti e ristorantini tra cui scegliere, e ancora negozi e boutique. Tutti un po’ nel ruolo di entrée di una Torino da scoprire e da gustarsi no stop. Di giorno come di sera.
Per godere la città come merita e ci si merita, il Golden Palace è una tappa imprescindibile.
Non per nulla si tratta dell’unico cinque stelle della città: ergo è qui che si ritrovano i vip sabaudi per i loro rendez-vous.
L’ultima volta sono stata ospite di una festa targata Juve. Serata di saluto prima delle meritate vacanze estive.
Dehor transennato per l’occasione. Il nostro privè en plen air, una volta arrivato lo spogliatoio quasi al completo, ha cominciato a scaldarsi di flute, ostriche e canapè caldi-freddi. Avanti, indietro: fuori nel dehor e nel patio, dentro nel Time Bar collegato. Il tempo è scivolato così fino alle nove di sera. Poi tutti al G Restaurant. Cena à la carte.
A mezzanotte, lo confesso, anch’io sono umana e ho dato forfait.
Avevo bisogno di rilassarmi e staccare la spina dal ritmo turbinoso della giornata. Devo dire che il Golden è maestro in questo. Sono salita in camera, nella mia deluxe
Maxi doccia e poi letto kingsize: supercuscinoso, supercomodo. Al check in avevo chiesto di farmi trovare in stanza un cuscino in memory foam. Eccolo tutto per me.
Del Golden Palace ci piace la sua poliedricità, il suo sapere toccare le corde di un ospite che non è mai “tipo”, anzi tutt’altro, con molti frequent guest internazionali dalle richieste toste: dalla morbidezza del materasso alla cottura al secondo dell’uovo alla cocque per il breakfast. Il mondo è bello perché è vario del resto e l’alta ospitalità è fatta anche e proprio di questo: dettagli. Ed è sul filo di un quid infinitesimale che si gioca la differenza. Ma da queste parti lo sanno molto bene, visto che questa ex sede della Toro Assicurazioni ha aperto i battenti per le Olimpiadi invernali di Torino 2006. E tutto, ma proprio tutto, è giocato sul concept del record, della vittoria, del sentirsi campioni.
Un vero e proprio tempio della vittoria
Lo si nota già all’entrata in effetti. I bronzi di Michele Guerrisi in giardino, le statue di Gianni Manganelli all’ingresso. La video scultura di Fabrizio Plessi nella hall: colate d’oro esaltate dall’uso di forti contrasti cromatici. E poi qua e là per l’hotel le opere di Gianni Lombardini.
Pennellate di oro ovunque, oro protagonista, oro inteso secondo mille interpretazioni di forme e materiali e in tutti i suoi bagliori. Legni pregiati, lacche lucide nere oppure wengè, oro patinato e ottoni bruniti, giochi di luce e di metallo uniscono idealmente gli ambienti e i due corpi della struttura: il GoldenOne e il GoldenTwo.
Può piacere o non piacere il risultato cromatico e l’impatto così ipermoderno. Di sicuro non se ne rimane indifferenti.
E non si può dire che a camminare sulle sue fluttuanti moquette, o, come è capitato a me, nel trovarsi a tu per tu, at seven o’ clock, con una piccola colazione ottima e abbondante, fresca e davvero home made, non ci si senta davvero bene. Soprattutto, se come me, non siete tipi da breakfast .
Unico rammarico: a pensarci bene l’ultima volta, tra una cosa e l’altra, mi sono proprio dimenticata di fare un giro di GoldenSpa. Un motivo in più per ritornare. La proporrò ad Anna per i suoi 18, visto che il centro coccola anche la vanità dei teenager dai 15 in su. Un giorno da regine con 1200 mq da dedicarsi.
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