Uno studio HostMilano – Met Bocconi rivela le ultime tendenze della ristorazione italiana: un comparto in salute in cui anche l’ospitalità sposa l’enogastronomia di alta gamma
A Milano gli hotel lusso raccolgono il 23,8% delle stelle Michelin della città. Basta questo dato per comprendere quanto sia cambiato in questi ultimi anni l’approccio dell’ospitalità nei confronti della ristorazione. In passato visto spesso dagli operatori dell’accoglienza più come una necessità che un’opportunità, il comparto f&b è oggi sempre più di frequente un elemento di caratterizzazione dell’esperienza dell’ospite, nonché un’occasione per fare dell’albergo un punto di riferimento della zona in cui è inserito. Lo rivela, tra le altre cose, un recente studio promosso da HostMilano e realizzato dalla Direttrice del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi, Magda Antonioli Corigliano, insieme alla Ricercatrice Sara Bricchi.
Una tendenza, quella in corso, confermata anche dal progressivo spostamento del settore dell’ospitalità professionale e del food&beverage verso i segmenti premium. È così che oggi il 60,9% degli hotel 5 stelle di Milano gestisce uno (o più) locali menzionati nelle tre guide più autorevoli del settore (Michelin, L’Espresso e Gambero Rosso). Il dato è ancor più impressionante, se si considera che i 14 ristoranti d’albergo delle strutture di lusso milanesi raccolgono il 23,8% delle stelle Michelin attribuite ai locali meneghini, il 17,5% dei cappelli e il 24,7% delle forchette. Il tutto in una città che vanta una concentrazione particolarmente elevata di locali di qualità: sui 4.685 ristoranti censiti nel capoluogo lombardo dalla Federazione italiana pubblici esercizi, ben 215 sono infatti compresi nelle tre guide sopramenzionate.
L’hôtellerie tricolore riveste peraltro un ruolo di primo piano nel contesto europeo. E questo anche grazie alla ristorazione. Dei circa 51 miliardi di euro di fatturato registrato dalle strutture nazionali nel 2014, ben il 40% è infatti riconducibile ai soli ristoranti. Mentre il totale rappresenta da solo quasi un settimo del giro d’affari complessivo del settore nella Ue a 28 (375 miliardi), e più di un decimo di tutto il valore aggiunto del comparto (18 miliardi di euro su 152 miliardi totali), il 37,4% dei quali dovuto ai ristoranti.
La tavola come variabile aspirazionale
I nuovi trend della ristorazione in albergo rappresentano peraltro una risposta efficace a consumi che si fanno sempre più “aspirazionali”, ossia frutto di un comportamento teso a rispecchiare i valori degli ambienti socio-culturali in cui ci si riconosce o si mira ad appartenere. Continuano infatti ad aumentare, fuori e dentro gli hotel, i locali d’eccellenza, specializzati in un’offerta di nicchia rivolta a specifici segmenti di mercato: negli ultimi anni, a differenza della vendita diretta di prodotti enogastronomici di lusso, questi hanno registrato un forte incremento e oggi, secondo le cifre Bain & Company e Fondazione Altagamma, dei 45 miliardi di euro di fatturato complessivo del comparto f&b di livello più alto, il 46% si riferisce alla ristorazione.
In sintesi, oggi si mangia più sano e più “veggie” anche al ristorante, senza però rinunciare ai piatti legati al piacere della convivialità, come primi e dessert. Il valore sociale nella scelta di cosa mangiamo e come lo mangiamo è peraltro una delle costanti che emerge dai dati della Federazione italiana pubblici esercizi rielaborati nella ricerca «Ristorazione, lusso e territorio: Drivers dell’Italian way of living», citati nello studio Bocconi.
Ma quel che forse è più importante è che tutti gli italiani d’altronde paiono mangiare sempre più fuori casa, destinandovi oltre un terzo della spesa alimentare delle famiglie: circa il 35%, pari a un totale di 75 miliardi di euro. Un dato che, a differenza dei consumi domestici, è rimasto stabile durante la crisi e ha ricominciato a crescere negli ultimi tre anni. E che si riflette nella densità unica al mondo delle imprese di ristorazione in Italia: sono oltre 325 mila, per più della metà (il 53,1%) ristoranti, ma anche attività legate al nuovo fenomeno dello street food.
Il fattore umano: ingrediente segreto dell’accoglienza Italian style
A sottolineare il valore dell’ospitalità quale elemento essenziale dell’esperienza ristorativa ci sono peraltro anche i dati elaborati da TradeLab per il magazine Mixer nel 2016 e ripresi anch’essi nell’analisi del Met: l’accoglienza e la gentilezza del personale sono infatti importanti per l’81,6% delle persone, mentre, a testimonianza della propensione italiana ad apprezzare la bellezza in ogni circostanza, il secondo fattore segnalato è la mise en place e presentazione dei piatti (51,2%), seguita dallo stile dell’arredo con il 44,4%. Il fattore umano, il rapporto diretto e spesso confidenziale con il ristoratore, evidenzia perciò la ricerca Met, è un altro “ingrediente segreto” nella ricetta di successo dell’ospitalità Italian style, e contribuisce a creare quell’esperienza unica, nel quale il cliente si sente protagonista: “consumattore” anziché consumatore, che ama la convivialità come valorizzazione esperienziale del tempo libero.
Il futuro tra tecnologia e innovazione
Oltre al fattore umano oggi però ci sono anche tecnologia e innovazione. Elementi sempre più importanti per conquistare i consumatori e, in particolare, i millennials: dai menu-tablet che consentono di intrattenere i clienti in attesa del servizio ai metodi di pagamento tramite smartphone. Ma anche, dietro le quinte in cucina, le nuove tecnologie del food equipment, che permettono di creare ricette un tempo impensabili grazie a nuove modalità hi-tech di trattamento degli ingredienti, conservazione e cottura.
E con le novità tecnologiche cambia naturalmente anche il modo di scegliere dove mangiare: circa nove italiani su dieci, rivela ancora una volta la ricerca TradeLab, cercano informazioni su Internet prima di recarsi in un nuovo locale (il 24% sempre, il 37,5% spesso e il 25,9% qualche volta). Solo il 7,9% lo fa invece raramente e appena il 4,6% non lo fa mai. Importanti nella scelta sono ovviamente anche i giudizi online degli altri avventori: molto per il 23,5%, abbastanza per il 63,7%, e poco o per nulla solo per il 12,8%. Le informazioni più ricercate online riguardano quindi i prezzi (69%), le recensioni (60,3%) e il tipo di cucina (59,9%). Ma si guardano anche gli orari e i giorni di apertura (53,8%), nonché la posizione del locale (43,8%). La rete, infine, è pure luogo privilegiato della condivisione dell’esperienza. Perché l’aspetto social è sempre più rilevante per godere appieno della convivialità: il 61,1% posta infatti le proprie esperienze online per allegria, divertimento o per il puro gusto di farlo, mentre lo status è importante per il 28,2%, e il 27,8% ama testimoniare le novità e le situazioni insolite.
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